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Le Ville di Stabiae

 

Le origini della cittadina di Stabiae sono documentate dal VII secolo a.C. I materiali rinvenuti nella necropoli e la presenza dei corredi tombali di ceramica di provenienza corinzia, etrusca, calcidese e attica rivelano l’importante ruolo commerciale svolto dalla città.

Le uniche testimonianze dell’antica città, sono costituite dalle ville residenziali costruite sul pianoro di Varano, dalle ville rustiche situate nell’entroterra vere e proprie fattorie specializzate nella produzione di vino, olio, ortaggi e frutta.

I primi casuali ritrovamenti degli Scavi di Stabiae avvennero tra il XVI e il XVII secolo. Gli scavi proseguirono con alterne vicende fino al 1782, portando all’individuazione di 19 tra edifici e complessi vari, tra cui Villa Anteros e Heracleio, Villa San Marco e Villa Arianna, in parte rinterrati dopo aver esportato dipinti, sculture e suppellettili trasferiti a Napoli.

La scoperta dei dipinti nelle Ville Arianna e San Marco, in parte ancora in situ, ha recato un prezioso contributo alla conoscenza della pittura romana.

L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. cancellò numerosi centri vesuviani e seppellì anche Stabiae.

  • Villa Arianna

Così denominata per la grande pittura a soggetto mitologico rinvenuta sulla parte di fondo del triclinium, la Villa risale alla fine dell’età repubblicana ed è costituita da 13 ambienti per una estensione di circa 2500 mq.

Dai vari ambienti provengono pitture famose per lo stile e le particolari caratteristiche, come la Flora, la Leda col cigno, la Venditrice di amorini.

L’area occidentale della villa è occupata da stanza panoramiche e dagli ambienti di servizio: la cucina con il tipico bancone in pietra per la cottura ed il quartiere termale comprendente il calidarium, il tepidarium e forse un laconicum.

 Nel corso del I sec. la villa fu ampliata con una serie di ambienti di rappresentanza, situati in posizione panoramica sul ciglio della collina con ampie finestre affacciate da un lato sul Golfo e dall’altro sulle vedute dei Monti Lattari.

Tra questi ambienti si distingue l’ampio triclinio, conosciuto anche come il Salone di Arianna, dall’affresco che decorava la parete di fondo e che poi ha dato il nome alla villa. Il quadro raffigura Arianna abbandonata da Teseo a Nasso, che dorme tra le braccia del Sonno e scoperta da Dionisio.

Vi è poi un altro ambiente formato da quattro stanze che potrebbe essere considerato il quartiere residenziale utilizzato dai proprietari della villa per la stagione estiva in quanto aperto verso il mare e con le stanze interne aperte con vista sui Monti Lattari.

Nel 1981 nel settore rustico sono stati scoperti un cortile con i resti di due carri destinati probabilmente al trasposto di merci e prodotti agricoli

  • Villa San Marco

Rientra nella categoria delle ville urbane residenziali in quanto in essa si fondono le caratteristiche della domus di città e dell’abitazione di villeggiatura.

Fu la prima villa ad essere esplorata in età borbonica negli anni compresi tra il 1750 e il 1754, quindi, spoliata degli affreschi e delle suppellettili meglio conservati.

Anche questa residenza aveva un proprio impianto termale nella classica ripartizione calidarium, tepidarium, frigidarium.

I raffinati mosaici che ornavano gli ambienti sono oggi sostituiti da copie fedeli agli originali, realizzate con tecniche sofisticate.

L’ingresso della villa immette nell’atrio, dove il tetto aperto è sorretto da quattro colonne ioniche: su di esso si aprono il larario, l’altare della casa in onore dei Lari, che aveva un ruolo centrale nella vita delle famiglie romane e quattro cubicola ovvero le stanze da letto.

Il suo primo ingresso consisteva in un ampio cortile circondato su tre lati da un porticato formato da pilastri. Dal lato occidentale si accedeva al tablinio mentre sul lato meridionale si apriva una serie di ambienti di piccole dimensioni forse utilizzati come celle o magazzini.

Dall’atrio si accede alla cucina e a un ampio corridoio con larghe finestre che danno su un piccolo giardino triangolare, viridarium, che conduce al quartiere termale, la zona più privata della casa. L’ingresso è costituito da un piccolo atrio decorato con scene di amorini lottatori e pugili.

Il calidarium, con una grande vasca originariamente rivestita di marmo, era il principale bagno caldo della zona termale: quasi il suo intero meccanismo si è conservato in questa villa. L’intera superficie era coperta da cemento impermeabile all’acqua ed era riscaldata da una caldaia disposta al centro la quale veniva continuamente rifornita di legna dagli schiavi.

Accanto al frigidarium e al calidarium c’erano la palestra interna coperta e il tepidarium, il cui pavimento era sostenuto da suspensurae, ovvero pilastrini di sostegno per il passaggio dell’aria calda.

Da qui si accede alla parte più spettacolare della villa, un ampio giardino porticato ombreggiato da quattro file di platani che ripetono la posizione di originari platani antichi ed una piscina centrale lunga circa 30 metri. In fondo al peristilio si trovano alcuni ambienti di soggiorno, splendidamente affrescati e aperti con larghe finestre.

Un’incredibile caratteristica di questa villa è che, dopo l’atrium, non ci sono stanze da letto private: era una sorta di parco di divertimenti, attrezzata con giardini, piscine e tantissime stanze splendidamente decorate per conversare e riposare.

L’ultimo settore della villa è costituito da un ampio peristilio: un grande giardino con vista sul mare, circondato da un portico decorato con alcuni tra gli affreschi più belli fra quelli conosciuti del tempo dei Romani.

Se il tema principale delle pareti era rappresentato dall’amore, il soffitto invece era decorato in maniera particolarmente complessa, articolata e ricca: una serie di grandi quadri mitologici erano incorniciati da ricchissime fasce, al cui interno trovavano posto motivi floreali, motivi architettonici e fantastici.

 

Michele Carneglia

 

 

 

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