Il complesso della Basilica di Santa Maria alla Pietrasanta è un luogo della memoria dove è possibile “rivivere” le stratificazioni del sottosuolo napoletano, le origini, i culti e i miti di Neapolis, i resti dell’antica Basilica paleocristiana, la Torre Campanaria più antica della città e il percorso sotterraneo del Lapis Museum custode di un incredibile patrimonio geologico ed archeologico.
La Basilica paleocristiana eretta nel VI secolo fu tra le prime dedicata alla Vergine e deve il suo nome alla presenza di una pietra con una croce incisa posta in un altarino sul sagrato e venerata come fonte d’indulgenza. La Chiesa fu edificata dal vescovo Pomponio per espellere il male dal luogo dove, secondo la tradizione popolare, spesso appariva il demonio sotto le sembianze di un maiale.
Per ricordare l’evento miracoloso ogni anno il clero napoletano andava in processione al Duomo, dove il Parroco di S. Maria Maggiore faceva omaggio all’Arcivescovo di Napoli di una porchetta che veniva ammazzata nella chiesa stessa con grande festa e partecipazione del popolo. La cerimonia durò fino al 1625, quando per eliminare questo spettacolo di gusto pagano, l’oblazione fu tramutata prima in un Ducato d’oro e poi in un cero. L’ipotesi più accreditata è che la chiesa fu edificata nel luogo dove sorgeva il santuario dedicato alla dea Artemide.
La Chiesa fu ricostruita nella seconda metà del Seicento con pianta a croce greca seguendo il progetto di Cosimo Fanzago. Fu poi ulteriormente modificata in epoca rinascimentale con un interno a pianta centrale e infine nel Settecento decorata da una pavimentazione in cotto e maiolica.
Il Campanile medievale della chiesa fu eretto intorno al X secolo utilizzando marmi provenienti da preesistenti edifici di epoca greco-romana. Il campanile ha un’importanza eccezionale per Napoli e per la storia dell’arte come unico monumento quasi intatto delle prime costruzioni sacre sorte in città.
La cripta racchiude invece tracce della basilica paleocristiana e frammenti di un mosaico del periodo romano. Le dimensioni ridotte e i numerosi resti di piccoli scheletri ritrovati in quest’ambiente inducono a ritenere che fosse destinata alla deposizione di bambini nati morti o deceduti subito dopo la nascita. In un altro vano ipogeo della Basilica ci sono strutture di epoca romana, probabilmente resti di una lussuosa Domus, di cui si conservano alcune murature e i preziosi pavimenti a mosaico. Un secondo vano conserva una breve porzione del tappeto a mosaico in tessellato. Di un terzo ambiente rimane una piccola porzione di un battuto in travertino bianco abbellito da scaglie di marmo policromo.
Del complesso della Pietrasanta fanno parte anche la Cappella del S.S. Salvatore la cui costruzione risale al 1150 e caratterizzata dalla presenza di un altare di marmo policromo e di un pavimento mosaicato di notevole interesse; la Cappella del Pontano fu fatta edificare nel 1492 dal noto umanista come monumento funebre dedicato alla famiglia. L’esterno è rivestito in pietra grigia di piperno mentre l’interno è adornato da eleganti epigrafi in latino.
Da alcuni anni il complesso della Pietrasanta è diventato Polo Museale e oltre ad allestire mostre di notevole importanza come quelle su Andy Warhol e Chagal, ospita la mostra Sacra Neapolis che intende recuperare i simboli sacri di epoca classica quali monete, inscrizioni, sculture in marmo e riproduzioni in terracotta al fine di ricostruire il legame con miti e culti che hanno formato l’identità religiosa della città di Napoli. Un rilievo particolare assumono i culti orientali come Iside e Mitra che si diffusero rapidamente tra la popolazione per il loro carattere iniziatico e misterico, il forte riferimento alla vita e alla sopravvivenza nell’aldilà.
Nei sotterranei, infine, sono ancora visibili i cunicoli dell’acquedotto greco-romano di Neapolis. Un percorso lungo quasi un chilometro, un vero e proprio decumano sotterraneo dove epoche e personaggi storici s’intersecano con la storia della città.