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I Quartieri Spagnoli

I Quartieri Spagnoli, una ragnatela di strade, un reticolo senza ossigeno e con poca luce, dove i “bassi” s’intervallano a palazzi nobiliari e chiese monumentali. Un luogo vitale, energico, caotico.

Nel Cinquecento il Viceré spagnolo Don Pedro de Toledo realizzò una prima forma di piano regolatore della città di Napoli con la creazione dell’attuale Via Toledo (a lui intitolata) e lo sviluppo dell’intera area circostante. I Quartieri furono costruiti con un impianto geometrico di caseggiati per acquartierare l’esercito spagnolo di stanza nella regione in una posizione strategica nelle vicinanze del Palazzo del Viceré e del  porto.

Nel tempo i Quartieri sono cresciuti a dismisura fino ad occupare l’intero Poggio delle Mortelle, prosieguo naturale dell’altura del Vomero verso il mare. Di quell’abbondanza di verde e della natura rurale del luogo vi sono ancora poche tracce nella toponomastica attuale come Vico Nocelle, Vico Giardinetto, Vico Lungo Gelso e nella presenza di lunghi tratti di Pedamentine che per secoli hanno rappresentato l’unico collegamento con la parte collinare della città.

L’origine spagnola dei Quartieri vive ancora nel nome di alcune strade, nelle chiese ( la Trinità degli Spagnoli), in alcuni santi venerati (Santa Maria del Pilar), e nei resti di antichi complessi conventuali oggi in gran parte inglobati in altre strutture o destinati ad altri usi. Alcuni di questi conventi nacquero come semplici ritiri che le nobildonne dell’epoca si diedero a fondare per accogliere le ragazze dedite alla prostituzione, fenomeno molto diffuso all’epoca delle milizie spagnole ma che ha attraversato i secoli fino a tempi più recenti.

In uno di questi vicoli a ridosso di Via Toledo sorgeva un conservatorio di “convertite spagnole” detto della Maddalenella, eretto nei primissimi anni del XVII secolo per volontà di Donna Isabella della Ripa. Oggi del convento non vi è più traccia, ma il nome del vicoletto ne mantiene viva la memoria.

L’origine spagnola è ancora percepibile nello stile architettonico dei palazzi più antichi.  Capita sovente, infatti, che tra costruzioni fatiscenti o deturpate dalle sovrapposizioni e dagli sventramenti, emergano palazzi con maestosi portali, mascheroni, soffitti affrescati e stemmi nobiliari. Come il palazzo al civico 46  di Via Santa Teresella degli Spagnoli ovvero il Palazzo Sifola con la splendida facciata in bugnato adornata di stucchi e dove nell’appartamento di Eleonora Pimentel Fonseca venne redatto il “Monitore Napoletano”, il giornale della Repubblica Partenopea del 1799.

Tante chiese, alcune da considerare veri scrigni d’arte, come la Concezione a Montecalvario sublime opera di Domenico Antonio Vaccaro o la Chiesa di Santa Caterina da Siena che custodisce opere del Fischetti e di Giacinto Diana. O ancora la Chiesa di Sant’Anna di Palazzo la cui cupola domina i vicoli mentre l’interno custodisce opere d’arte e suggestioni storiche. Qui, infatti, fu battezzato il pittore Luca Giordano e qui si sposò la stessa Pimentel Fonseca.

Altri luoghi di culto sono diventati mete di pellegrinaggio come il piccolo santuario di Vico Tre Re a Toledo dedicato a Santa Maria Francesca delle cinque piaghe, prima santa napoletana e Compatrona di Napoli. La Santa, al secolo Anna Maria Rosa Nicoletta Gallo, nacque e visse nei “Quartieri Spagnoli”  e tra i molti carismi Suor Maria Francesca possedeva il dono della profezia e ancora vivente si verificarono fatti prodigiosi che il popolo considerò come miracoli. Pare che molti anni prima che accadesse, profetizzò anche l’evento della rivoluzione francese. Annessa alla piccolissima chiesa vi è la casa dove S. Maria Francesca visse per molti anni  e dove oggi si recano numerosi fedeli, soprattutto giovani coppie che affidano alla speranza e alla fede la possibilità di procreare. Infatti, la casa custodisce ancora la sedia sulla quale la Santa pativa sul suo corpo i dolori della passione di Cristo e sulla quale oggi siedono le donne desiderose di avere un figlio.

Una religiosità quella dei Quartieri sempre viva e che si rinnova anche in  espressioni meno canoniche, come testimonia la presenza di numerose cappelle votive. A Napoli l’edificazione di una cappella votiva non trova la sua giustificazione in un evento miracoloso, qui le immagini sacre non piangono e non sanguinano e la cappella votiva appartiene al popolo, agli abitanti del vicolo dando vita ad una forma di culto che parte dal basso. Accanto all’immagine della Vergine o del Santo di turno, foto di defunti, qualche dedica, vasi di fiori ed ex-voto.

La presenza delle edicole votive si associa all’attività religiosa di Padre Rocco, un “missionario cittadino” che dedicò la sua vita alla cura delle classi più povere. Nel ‘700 la città di notte era buia e pericolosa e mentre il governo studiava un piano d’illuminazione della città, Padre Rocco non perse tempo. Distribuì copie di un quadro della Vergine, fece costruire croci di legno, individuò i luoghi più a rischio e vi fece costruire nicchie e piedistalli affidando alla gente del posto l’onore e l’onere di tenere sempre accesi i fanali che illuminavano le cappelle. Con questa intuizione il Domenicano riuscì a organizzare una prima forma d’illuminazione pubblica e nel contempo diffondere la sua opera religiosa.

I bassi dei Quartieri sono stati teatro di tante storie, di tanta letteratura e di troppe tragedie. Certo non sono più quelli descritti in passato da cronisti e viaggiatori che ne evidenziavano lo squallore, la miseria, l’ibrido e le condizioni di vita al limite estremo del decoro umano. Oggi  attraverso ingegnose opere di abusivismo edilizio, anche i bassi hanno acquistato una certa dignità senza per questo snaturarsi. Spesso la più svariata mercanzia è esposta tra fotografie e figurelle in bella mostra sul comò, perché il basso può essere anche una casa-bottega poiché tutto è ammesso quando serve per “arrangiarsi”. In quelli dotati di minor “comfort” oggi vivono comunità di indiani, cingalesi e pakistani e così all’odore della Pasta alla Genovese o dei carciofi arrostiti si sovrappongono quelli forti e penetranti di cumino, zenzero e curry. E questa mistura di profumi, di facce e colori ci ricorda che da queste parti il “multietnico” è un concetto antico.

Chi crede che il napoletano sia un popolo ozioso si sbaglia di grosso e i Quartieri Spagnoli sono un chiaro esempio. Il vicolo si sveglia presto,  anzi, non dorme mai. e la vita ruota intorno a mestieri vecchi e nuovi, alle tante botteghe artigiane, agli ambulanti, alle bancarelle che insieme costituiscono la cosiddetta “economia del vicolo”. Un’economia che si adatta velocemente alla realtà circostante e cambia secondo le necessità o le stagioni. L’economia del vicolo ha le sue regole ed è refrattaria a qualsiasi tentativo di “ufficializzazione”.

 

 

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